Associazione Culturale Aristocrazia Europea

domenica 26 gennaio 2014

Riconciliazione Reale in nome della Beata Maria Cristina


 
 
RICONCILIAZIONE NELLA CASA DI BORBONE-DUE SICILIE
25 gennaio 2014
Una riconciliazione storica is è svolto Venerdì 24 Gennaio 2014 a Napoli, in Italia, tra I rami rivali Della ex Casa reale regnante di Borbone-Due Sicilie-, una divisione che ha avuto inizio con un matrimonio.
Il giorno prima Della cerimonia di Beatificazione Della Venerabile Serva di Dio Maria Cristina di Savoia (Madre di Francesco II, e molto amato dai napoletani), IL Duca di Noto e IL Duca di Castro ha firmato un atto di riconciliazione alle 05:30 , presso l'Hotel Excelsior.
Maria Cristina, la “reginella Santa” che fa incontrare di nuovo I Savoia e Borboni
Napoli - Maria Cristina, nata Savoia, ma sposa di Ferdinando II di Borbone, Regina delle Due Sicilie e Madre di Francesco II, è stata proclamata beata oggi a Napoli con una cerimonia nella Basilica di S. Chiara. Un evento che ha fatto riunire discendenti dei Borbone e dei Savoia e riconciliare I due rami dei Borbone, quelli di Napoli e Spagna, che DA decenni is contendevano I diritti di successione e sull’Ordine Costantiniano di San Giorgio .
Tre Cardinali, sei Vescovi, decine di rappresentanti di case reali europee e di nobili, e quasi duemila fedeli is sono radunati per la “reginella Santa”, come era soprannominata Maria Cristina per la sua devozione e Le sue opere di carità. Figlia di Vittorio Emanuele I e di Maria Teresa d’ Asburgo, aveva sposato a 20 anni, nel 1832 il re delle Due Sicilie, Ferdinando II, ed era morta quattro anni dopo aver dato alla luce Francesco II. Le sue opere sociali, dalla riattivazione delle seteria di San Leucio, agli incentivi alla lavorazione del corallo a Torre del Greco, alle doti di matrimonio alle ragazze povere, sono state ricordate dal Cardinale Sepe all’omelia.
«È stata la regina dei poveri», ha detto Sepe. Il Cardinale Amato, prefetto per la Congregazione dei Santi, inviato del Papa, l’ha additata come un modello per la Chiesa. La festa liturgica per la nuova beata è stata fissata il 31 gennaio, giorno della nascita. Dopo la cerimonia i Principi Carlo e Camilla di Borbone, la Principessa Beatrice, il Principe Casimiro ed i rappresentanti del ramo spagnolo Don Pedro ed il figlio Don Jaime hanno reso omaggio alle tombe dei Borbone-Due Sicilie insieme a Maria Gabriella di Savoia, al Duca Amedeo d’Aosta, ed alla moglie di Emanuele Filiberto, Clotilde Courau.
I due rami dei Borbone di Napoli e di Spagna hanno siglato un «atto di riconciliazione familiare» nel quale riconoscono reciprocamente i titoli dinastici. Se l’attuale pretendente al trono dei Borbone Due Sicilie non dovesse avere eredi maschi la successione passerebbe alla sua morte a Don Jaime, del ramo spagnolo.
Meno bene erano andate le cose alla cena ufficiale dell’evento venerdì sera al Circolo dell’Unione, dove i tavoli di Borbone e Savoia erano distanti ed i rappresentanti delle due dinastie non avevano socializzato. Carlo di Borbone, però, si era prodotto in un perfetto baciamano per salutare Gabriella di Savoia. Nella sfida annunciata tra sostenitori dei Savoia e dei Borbone, invece, non c’è stata partita.
Alcune centinaia di neoborbonici, parte dei quali non ha trovato posto in chiesa, hanno occupato l’esterno della basilica ed hanno salutato con un’ovazione il Principe Carlo, Camilla, e le piccole Maria Carolina e Maria Chiara. Per i discendenti dei Borbone fiori bianchi, applausi e gli omaggi di due bambole vestite con abiti in seta di San Leucio ricamati dalle sarte di via San Gregorio Armeno. E nel pomeriggio i Principi sono stati in visita alla Parrocchia di San Pietro Apostolo, nel popolare quartiere di San Pietro a Patierno. Il parroco ed i bambini della Comunità li hanno accolti con le bandiere ed uno striscione sul quale era scritto «Famiglia reale, benvenuta a casa».

venerdì 10 gennaio 2014

La Marchesa Litta Modignani, autentica Dama della Carità...

Addio alla «marchesa Lia»:  mondanità al servizio della carità

Amalia Litta Modignani aveva 97 anni. Elegante ed eccentrica, ha legato il suo nome alla sanità milanese

IL RICORDO di GIACOMO VALTOLINA – CORRIERE DELLA SERA                               

All’uscita dalla Scala, elegantissima, inforcava la bicicletta per andare in pronto soccorso dai malati. Come una «contrabbandiera» a bordo di un auto di lusso, importava dalla Svizzera i farmaci antirigetto all’epoca dei primi trapianti. Al Policlinico, dove hanno intitolato un padiglione a suo nome, nei ‘50 organizzava spettacoli di prostitute ammalate di sifilide. «Sono la volontaria di tutti» diceva. Era la marchesa «Lia», carismatica, determinata, anche prepotente se necessario. Istituzione della Milano solidale. Rispettata e temuta. Pazienti, medici, politici, grandi industriali, prelati, potenti. Tutti le aprivano la porta, le obbedivano, le erano grati. È morta lunedì, stroncata da un ictus all’età di 97 anni, la marchesa Amalia Litta Modignani, detta Lia.

Medaglia d’Oro al merito ricevuta dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e innumerevoli altre onoreficenze. Negli anni da presidente della «Commissione dei visitatori e visitatrici dell’Ospedale Maggiore Ca’ Granda» (ente costituito nel 1887 come un «gruppo di signori e signore da affiancare al personale sanitario») ha inventato il servizio di assistenza sociale negli ospedali, mettendo sempre «soldi e potere» a disposizione dei più deboli senza tuttavia mai rinunciare a divertirsi. Tanto che si dice fosse lei ad organizzare le più belle feste in città. Nata a Busto Arsizio nel novembre del 1916, nome di famiglia Felli, industriali del tessile, visse a Como fino al matrimonio con Giovanni Camillo Litta Modignani. Verrà ricordata come la marchesa «champagne e carità», divisa tra volontariato e mondanità, nella sua residenza, Palazzo Durini, che fu lei a far ricostruire dopo la guerra. Eccentrica, indossava senza distinzione di occasione tacchi alti, gioielli e abiti coloratissimi.

«Qualche mese fa - racconta il suo braccio destro in Commissione, Beatrice Pistolesi - la incontrai perché aveva rotto il secondo femore. Mi ammonì subito: “Non sei truccata”. Cercai di giustificarmi... lei m’interruppe: “Ma hai un vestito spiritoso, brava”. Era così, attenta alla forma». Ma soprattutto ai contenuti. Baluardo anti burocrazia e contro la politica nella sanità, quando c’era da risolvere un problema le bastava presentarsi senza appuntamento per essere ricevuta. Da Enrico Cuccia come da Giulio Andreotti. E se c’era da comprare un macchinario all’avanguardia, come nel caso di Massimo Del Bo, il padre dell’audiologia italiana, le bastava alzare la cornetta, chiamare un industriale e pagare, rigorosamente in contanti. Perché a questo serviva la sua rete di contatti, la sua esistenza mondana, la sua conoscenza dei «poteri forti» di cui non aveva timore alcuno né riverenza. A raccogliere donazioni.

Ogni vicenda di sanità nel Dopoguerra s’intreccia con la sua figura. Una vita dedicata al volontariato - anche amministrativo, tanto che veniva mandata a visitare le migliori strutture del mondo per conto degli ospedali - la marchesa Litta incarnava lo spirito dei grandi benefattori tipico dell’alta borghesia e della nobiltà milanesi.Un’autorevolezza che lei, anticomunista convinta, non perdeva neppure durante i picchetti del ‘68, con pure i manifestanti a dire: «Lasciate passare la marchesa». Racconta Pistolesi: «Era al di sopra di tutti, quasi gestiva lei i padiglioni dell’ospedale». Donna dura che sapeva essere dolcissima. «Attenta ai giovani e alle loro carriere, mi stanno arrivando tante condoglianze». Una «nonnaccia» la definisce con affetto uno dei nipoti Eugenio, «una donna di carattere», secondo Isa e Jenny, due delle tre figlie rimaste in vita, dopo che qualche mese fa è morta Cristina, colei che l’aveva sostituita alla Commissione, uccisa da un tumore.

E c’è chi giura che non ci sia casualità, che la marchesa, rimasta lucida fino all’ultimo, abbia in qualche modo scelto di lasciarsi andare, per raggiungere la figlia seppellita anzitempo. Donna di grande fede, ortodossa, anche in tema di religione non abbassava lo sguardo davanti a nessuno. Come quando dopo il Concilio vaticano II litigò con Carlo Maria Martini. E in chiesa, a voce alta, sfidava i sacerdoti pregando ad alta voce in latino. I funerali saranno celebrati oggi alle 14.45 nella basilica di San Carlo al Corso. «Inviate donazioni, non fiori»: è l’ultima richiesta della famiglia.

http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/14_gennaio_09/addio-marchesa-lia-mondanita-servizio-carita-957eedb4-7913-11e3-a2d4-bf73e88c1718.shtml

 

mercoledì 8 gennaio 2014

Il "barone nero" Roberto Jonghi Lavarini

 
Roberto Jonghi Lavarini ha 40 anni, è felicemente sposato con Veronica ed ha due figlie di 11 e 6 anni, Beatrice e Ludovica. Laureato in Scienze Politiche alla Università Statale di Milano, lavora come consulente immobiliare (compravendita e ristrutturazioni) nella società di famiglia ed è iscritto a diverse associazioni di categoria. Cristiano Cattolico praticante, fedele alla Tradizione, è Cavaliere dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro e Volontario del Corpo Italiano di Soccorso del Sovrano Militare Ordine di Malta. Appassionato di storia, cultura, araldica, tradizioni religiose e popolari, enogastronomia e sagre paesane, è molto legato alle radici ed alla identità Walser (tedesco-vallese) della propria famiglia e fa parte del gruppo folkloristico del suo paese di origine, Ornavasso. Da sempre coerente militante di destra, è stato: Segretario del Fronte della Gioventù di Milano, Dirigente Provinciale del Movimento Sociale Italiano, Dirigente Regionale di Alleanza Nazionale e della Fiamma Tricolore della Lombardia, Consigliere Circoscrizionale e Presidente della Zona Porta Venezia, per due volte candidato alla Camera dei Deputati come Indipendente ne La Destra. Attualmente, per scelta, non ricopre alcuna carica politica e non è iscritto a nessun partito ma collabora con svariate associazioni culturali e testate giornalistiche, partecipando a diverse trasmissioni televisive come opinionista. http://www.robertojonghi.it/

 
Antica famiglia Walser (tedesco-vallese) della Vall d’Ossola, gli Jonghi Lavarini sono i legittimi discendenti dei nobili carolingi Crussnall primi signori feudali di Ornavasso, poi trasferitisi in Svizzera. Il Capostipite di questa importante Sippe germanica, storicamente presente in tutte le valli del Monte Rosa, è Jocellino I von Urnavas, citato nel 1275 come Visdomino di Naters. Da suo nipote Jocellino II “Jung” (il giovane), discendono appunto gli Jonghi von Urnavas che furono fra i promotori della colonizzazione walser delle Alpi, spingendosi, oltre il passo del Sempione, fino a fondovalle, a Casaleccio, Ornavasso e Migiandone, rivendicando la titolarità su quelle terre.  Nel 1486, il Vescovo di Sion, Iodico von Syllinen, Signore del Vallese e Principe del Sacro Romano Impero, rivendicando il legittimo dominio su quelle terre, nominò, suo Curatore, il Ritter (Cavaliere) Theodorus Jongh, riconoscendolo erede dei primi signori di Ornavasso  (poi trasferitisi nel Vallese) con lo spettante titolo di Freiherr von Urnavas. Già nel 1495, però, il Ducato di Milano ed i Visconti rientrarono definitivamente in possesso della Baronia di Ornavasso, accordandosi con le “locali genti alemanne” (Walser), alle quali venne concessa una larga autonomia.  Da allora i “todeschi Jonghi di Urnavas” sono sempre citati  negli eventi storici della valle. In particolare, nel 1575, Pietro ed Angelino Jonghi, partecipano alla costituzione degli Statuti di Ornavasso in quanto “cardenzari et uomini particolari di detto luoco”.  Nel 1605, gli Jungen Urnavas sono citati nel “Wappenbuch des Heligen Romischen Reichs” (registro degli stemmi del Sacro Romano Impero). Nel corso dei secoli possedettero molte terre agricole, pascoli, boschi, cave di marmo e palazzi signorili (ancora esistenti come quelli di Ornavasso, Vogogna e Piedimulera), imparentandosi con le più importanti famiglie del Verbano-Cusio-Ossola. Dal 1738 gli Jonghi furono sempre presenti nel Consiglio Generale dell’Ossola come Patriziato Aggregato. Nel 1900, S.M. Re Umberto I concesse al Nob.Cav.Ing. Cesare Jonghi di aggiungere al proprio cognome ed al proprio stemma anche quelli materni dei nobili Lavarini (famiglia di remota origine veneta, di medici ed impresari, decurioni e sindaci, citata fin dal 1575). http://www.genmarenostrum.com/pagine-lettere/letteraj/jonghilavarini.htm


Intervistiamo Roberto Jonghi Lavarini (41 anni, noto esponente della destra milanese, opinionista radio televisivo, ex dirigente del MSI e di AN, già presidente della zona Porta Venezia): uno "politicamente scorretto e senza tanti peli sulla lingua". D (domanda) – R (risposta) D - Ti abbiamo sentito alla Zanzara sotto il fuoco incrociato di Cruciani e Parenzo… R - Si, è un bel ring anche se alla radio è impossibile spiegare bene i concetti, difendersi e replicare. Mi dispiace solo essere stato obbligato a parlare solo del passato e non del presente, tantomeno del futuro. Comunque, sia chiaro: non mi vergogno affatto delle mie idee e non ho certo paura di esprimerle liberamente. Io non rinnego nulla e non mi tiro indietro davanti ad una sfida. Il mio giudizio storico sul Fascismo e Mussolini rimane assolutamente positivo. Anzi, a dirla tutta, di fronte alla attuale crisi dell’occidente, causata dalle speculazioni della plutocrazia internazionale, incomincio anche a capire ed a rivalutare certe scelte politiche ed economiche della Germania Nazional-Socialista. La storia del secolo scorso è tutta da riscrivere... D - Ti abbiamo anche letto sui giornali parlare di Grillini e Lepenisti… R - Ho semplicemente riportato dei fatti assolutamente noti: Marine Le Pen, in vista delle prossime elezioni europee del 2014, vuole giustamente costituire un fronte europeo dei popoli e delle nazioni, e, attraverso tutta una serie di contatti ed incontri,  cerca degli interlocutori affidabili anche in Italia. Mi hanno però assicurato, dalla sua segreteria politica, che non vi è e non vi sarà  mai alcun accordo con il Movimento 5 Stelle. Ad oggi, quindi, gli unici referenti ufficiali del Front National francese, rimangono solo la Fiamma Tricolore e La Destra che, non a caso, hanno ripreso ed accelerato il processo di riunificazione della destra sociale italiana. D - Infatti, sabato sarai a Roma alla rifondazione di AN lanciata da Storace… R - Quella di riesumare la vecchia Alleanza Nazionale è evidentemente solo una provocazione politica, rivolta soprattutto agli amministratori della omonima fondazione (che gestisce il patrimonio del MSI) ed ai Fratelli d’Italia: l’obbiettivo è, finalmente, quello di riunire, rinnovare e rilanciare la destra italiana, partendo dall’appello lanciato, a suo tempo, da Marcello Veneziani e dal  progetto Itaca. Urge un nuovo movimento anti-mondialista che difenda veramente l’identità, la sovranità, i sacrosanti interessi del nostro popolo e della nostra nazione. Bisogna fare massa critica, voltare pagina, chiudere con vecchi rancori e polemiche. Su questa strada obbligata (non solo dallo sbarramento elettorale del 4%), i nostri primi e naturali interlocutori non possono che essere gli amici di Officina per l’Italia. D - Veniamo a Milano, quale è il tuo commento sul Far West di Quarto Oggiaro? R - Conosco bene quel quartiere difficile e, durante la campagne elettorali, in mezzo a centinaia di cittadini assolutamente perbene, ho incrociato anche diversi pregiudicati, alcuni dei quali cercavano veramente di cambiare vita ma non è facile. Lo stato deve fare sentire tutta la sua autorità ed autorevolezza, innanzitutto dando risposte concrete (case popolari, asili nido, spazi per i giovani, sussidi per gli anziani, istruzione e supporto al mondo del lavoro) e secondariamente con una presenza costante e visibile delle forze di polizia. Per sradicare la criminalità ed il degrado, servono “il bastone e la carota”, ovvero legge ed ordine (anche “il pugno di ferro” quando serve) ma insieme a giustizia sociale. Ma in quella zona, è giusto ricordare che ci sono anche tanti esempi positivi: parrocchie, centri sportivi, associazioni culturali e di volontariato e tanta solidarietà. D - Quale è il tuo giudizio sui governi locali di Pisapia, Podestà e Maroni? R - Quello sulla giunta rossa del radical-chic Pisapia è assolutamente pessimo: ha diminuito fortemente la sicurezza ed il benessere dei milanesi, tartassato famiglie e commercianti, abbandonato le periferie, difeso solo zingari e leonkavallini, riempito di consulenze e soldi pubblici i propri compagni di merende. La giunta provinciale ha lavorato benino ma, contando veramente poco, non se ne è accorto nessuno. E dalla Regione Lombardia, dopo tutte le incoraggianti promesse elettorali di cambiamento di Maroni e della sua lista civica, sinceramente, mi sarei aspettato di più, ma è ancora presto per giudicare, diamogli ancora qualche mese. La verità è che in questa crisi sistemica della democrazia, i partiti e le assemblee elettive contano sempre meno e la classe dirigente selezionata è sempre più mediocre e meno autonoma. Bisogna tornare alla grande e buona Politica, fatta con disinteresse e passione, per la propria comunità, ognuno con le proprie idee. D - Ma quali sono le tue proposte concrete per uscire da questa grave crisi sociale? R – Grazie della domanda, finalmente parliamo di cose concrete! Le famiglie e le imprese italiane sono soffocate dalle tasse e dalla burocrazia, non si riesce più a lavorare e, in certi casi, nemmeno a sopravvivere. E per abbassare questa vessatoria e insopportabile pressione fiscale, oltre a fare tagli (e di carrozzoni inutili e sprechi ce ne sono ancora tantissimi), bisogna rivoluzionare il sistema economico dello stato, rivedere i trattati europei, riprenderci la nostra piena sovranità monetaria, nazionalizzare la Banca  d’Italia, vietare e punire severamente le infami speculazioni dell’alta finanza privata internazionale che sono la principale causa di questa crisi. D - Ora arriva il giochino del botta e risposta. Ad ogni nome che faccio voglio un definizione sintetica o un tuo commento veloce. D - Erich Priebke: R - Un soldato tedesco che ha ubbidito ad ordini superiori. Pace all’anima sua. D - Papa Francesco: R - Simpatico, comunicativo, nazionalpopolare ma io preferivo Benedetto XVI. D - Silvio Berlusconi: R - Un sincero anticomunista. Un grande uomo, con più pregi che difetti. D - Alba Dorata: R - Onore ai due giovani patrioti greci ammazzati dai sicari del mondialismo. D - Primavera Araba: R - Una tragedia. Io difendo i cristiani perseguitati ed in Siria sostengo Assad. http://destrapermilano.blogspot.it/2013/11/intervista-roberto-jonghi-lavarini-7.html